Giuliano Fattorini è un docente di meccatronica presso l’istituto Marconi Pieralisi di Jesi, dove insegna dal 2001. Specializzato in robotica e progettazione meccatronica, lavora anche come progettista per aziende di robotica e automazione locali con un’esperienza che spazia dai robot industriali agli umanoidi.
Da diversi anni collabora gratuitamente con la Fondazione Ospedale Salesi, dove, insieme ai suoi studenti, programma robot umanoidi per intrattenere i bambini ricoverati. Questo progetto dimostra il potenziale della robotica come valido supporto in ambito sanitario.
Abbiamo avuto l’opportunità di porgli qualche domanda, di seguito alcuni contenuti estrapolati dall’intervista.
Ciao Giuliano, raccontaci un po’ della tua motivazione, cosa ti ha spinto ad iniziare questo tipo di progetti e a portarlo anche nelle scuole dei tuoi studenti?
Ciao! La lezione frontale tradizionale ha perso appeal tra le nuove generazioni, abituate a metodi di apprendimento più dinamici, spesso influenzati dall’uso del cellulare. Questo rende essenziale un approccio educativo più interattivo e pratico, specialmente in campi come la robotica, dove il pensiero computazionale e il problem solving sono fondamentali. Progetti pratici migliorano la manualità e la sicurezza degli studenti, preparandoli al meglio per il mondo del lavoro. Tuttavia, l’adozione di questi metodi è ostacolata dalla resistenza dei docenti “tradizionali” e dalla mancanza di un’implementazione obbligatoria a livello nazionale.
Capisco che da un livello di tipo organizzativo istituzionale possa essere molto difficoltoso portarlo all’interno di scuole che spesso e volentieri hanno una struttura molto tradizionale. Ti chiedo però se ci sono altri tipi di difficoltà che hai ritrovato nel portare avanti questi progetti. Magari nel presentarlo agli studenti stessi od a altri colleghi.
Le difficoltà principali nell’implementare progetti innovativi nelle scuole si dividono in due categorie: logistiche ed economiche.
Dal punto di vista logistico, è complicato coinvolgere colleghi abituati alla didattica tradizionale, che spesso non riconoscono il potenziale di questi progetti. Cerco di superare questo ostacolo mostrando foto e filmati durante le riunioni di dipartimento per dimostrare l’efficacia dei progetti. Tuttavia, molti colleghi tentennano nella fase operativa perché non si sentono sicuri, non avendo avuto esperienze creative o aziendali nel loro percorso di studi.
Economicamente, il costo elevato dei materiali rappresenta un problema significativo. Sebbene collaborazioni con aziende ci aiutino a ottenere sponsorizzazioni, la scuola italiana non è ancora pronta per acquisti internazionali, necessari per ottenere componenti di alta qualità. Quest’anno, ad esempio, volevo introdurre prodotti della goBILDA oltre a quelli della REV Robotics per rendere i nostri robot più efficienti e competitivi. Abbiamo migliorato molto rispetto al primo anno, quando utilizziamo componentistica base, ma per avere un robot performante abbiamo bisogno di un budget di circa sette-ottomila euro.
Nonostante il costo, ritengo che tali progetti offrano un valore educativo inestimabile. Permettono agli studenti di sviluppare competenze tecniche pratiche e di tramandare conoscenze tra le generazioni. Inoltre, affrontando e risolvendo problemi reali, gli studenti acquisiscono sicurezza e capacità di problem solving, essenziali nel mondo del lavoro moderno. È fondamentale che la scuola italiana riconosca e supporti questi progetti, poiché il confronto con le scuole europee dimostra che siamo ancora indietro. Personalmente, renderei obbligatoria la partecipazione a questi progetti per tutti i docenti, affinché possano vedere in prima persona l’impatto positivo che hanno sull’apprendimento degli studenti.
Da come parli, mi sembra di capire che eventualmente potrebbe esserci un inizio, un po’ lento. Però una volta avviato il processo e l’intera struttura, si dovrebbe andare a migliorare di anno in anno, giusto?
Si, diciamo che se non avessi il supporto delle aziende con le quali collaboro, molte delle quali mi forniscono i robot, sarebbe difficile realizzare questi progetti.
Le aziende credono in queste iniziative perché gli studenti, una volta in azienda, mostrano abilità pratiche e fluidità nei movimenti grazie a questi progetti concreti.
Molti progetti (circa l’80%) sono virtuali, dove si lavora solo su disegni 3D animati, sarebbe straordinario costruire e far funzionare il robot, aggiungendo un valore significativo alle competenze.
Anche se l’investimento annuale di circa ottomila euro può sembrare alto, risulta più vantaggioso rispetto a molte attrezzature scolastiche che, costando meno, finiscono per essere sottoutilizzate o limitate nelle loro funzionalità.
Un’altra cosa fondamentale è creare un gruppo di docenti che non abbiano paura di mettersi in gioco. Non è necessario che il docente sappia tutto; anzi, confrontarsi con gli studenti può essere molto utile. I ragazzi hanno un approccio metodologico diverso, a volte più avventuristico, che permette di raggiungere risultati in modi che con un metodo più professionale ma lento richiederebbero più tempo. Attraverso questi progetti, ho imparato molte cose, non perché mi siano state insegnate direttamente, ma perché “entrando” nel loro modo di fare, ho scoperto nuove soluzioni. Ogni docente dovrebbe riconoscere che a volte si può apprendere dagli studenti, non tanto nei concetti, ma nei modi di approcciarsi, spesso più dinamici e funzionali.
Molto interessante quest’ultima osservazione che hai fatto. Anche in questo caso questo discorso l’avevi già anticipato, però magari possiamo approfondire un po’: ci racconti quali sono i benefici e gli aspetti positivi di portare avanti nelle scuole questo tipo di progetti?
I benefici di questi progetti, se guardati dalla prospettiva didattica, sono molteplici. Tuttavia, devono essere integrati in una didattica che tenga conto dei nuovi ordinamenti dettati dalle tecnologie. Se ci affidiamo esclusivamente ai programmi ministeriali tradizionali, le differenze sono così marcate che non si vedono benefici diretti. Invece, se adottiamo un’ottica didattica più attenta alle esigenze del mondo industriale contemporaneo, i vantaggi diventano evidenti.
Innanzitutto, i ragazzi imparano che un progetto oggi non può prescindere da un disegno 3D e dall’approccio metodico. Improvvisare significa perdere tempo, e questa è la perdita più grave dal punto di vista economico, poiché si perdono risorse preziose. Un investimento di otto o diecimila euro può sembrare considerevole, ma se consideriamo il valore di un ragazzo con una mentalità aperta, già pronto per affrontare sfide aziendali, il costo diventa irrilevante.
La scuola tecnica ben strutturata dovrebbe far comprendere alle famiglie che questa formazione è altrettanto valida quanto un percorso liceale, se non superiore dal punto di vista tecnologico. Inoltre, la matematica applicata alla robotica dà senso alle nozioni teoriche, poiché si comprende il loro utilizzo pratico. È cruciale in Italia coltivare la creatività fin dalle scuole, poiché non possiamo competere con altri Paesi in termini di produzione, ma possiamo farlo in termini di innovazione e creatività. Le scuole italiane dovrebbero iniziare presto a incoraggiare il pensiero logico e le competenze tecnologiche.
Personalmente, ho notato un gap nei primi due anni dell’istituto tecnico rispetto alle scuole estere, dove si inizia l’educazione tecnologica già alle medie. Questo mostra che la robotica non è solo per uomini, ma per chiunque abbia una mente creativa e desideri migliorare il lavoro umano.
Investire in progetti simili dovrebbe essere considerato un investimento, poiché porta a risultati notevoli nel crescere e nell’apprendimento dei ragazzi.
Perché consiglieresti ad un altro docente di provare a portare questa proposta all’interno degli istituti e perché questi istituti dovrebbero dire sì?
Guarda, ti spiego: quando si parla di meccatronica, non parliamo della meccanica tradizionale. È una materia che va oltre, e inizialmente non era presente nel nostro programma scolastico. È stato solo nel 2006 che abbiamo iniziato a fare i primi passi in questo settore, grazie alla visione del preside che ha deciso di puntare su di esso. All’inizio c’era solo una sezione di meccatronica, ora siamo arrivati a tre. È importante distinguere la meccatronica dalla meccanica tradizionale per non confondere gli studenti.
Ci sono molte opportunità di apprendimento in questo campo, che richiedono impegno extra ma sono gratificanti. Io stesso ho cercato di promuovere questa materia nel mio dipartimento, ma molti sono frenati dalla paura del nuovo.
Credo che la scuola debba spingere verso progetti pratici, che permettano agli studenti di realizzare qualcosa di tangibile. Il costo non dovrebbe essere un ostacolo, considerando i benefici per gli studenti. Sono favorevole a progetti che includano una componente pratica, anziché limitarsi a quelli virtuali. La pratica è essenziale per comprendere a pieno i concetti, per lo meno classi finali degli istituti tecnici, ci vorrebbero dei progetti che poi fanno realizzare qualcosa, perché nella realizzazione si comprendono cose che difficilmente uno che non l’ha mai fatto, riesce a dargli il giusto peso e la giusta importanza.
L’incontro con Giuliano Fattorini è stato estremamente interessante e illuminante, speriamo che possa essere uno spunto di riflessione anche per altri docenti in tutta Italia.
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